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CANZONE ITALIANA una ricerca di Flavio Scutti

CANZONE ITALIANA di Flavio Scutti

È una ricerca che sto pubblicando sui dischi più belli e un po’ sconosciuti. Questi speciali nascono da un lavoro che faccio da tanti anni di ascolti che mi permettono di delineare un aspetto anche sociologico sulle diverse espressioni artistiche, mostrando quelli che sono realmente dei fenomeni popolari importanti fuori dai discorsi promozionali fatti dalla discografia commerciale. Cerco di far scoprire della musica di incredibile valore, se volete ascoltarla la trovate sul sito di Radio Raheem che ringrazio moltissimo perché ha creduto in questo progetto culturale

Speciale Ballate 1977-1988

Speciale Reggae 1979-1986

Speciale Punk Waves 1980-1985

Speciale Folk Psichedelico 1970-1980

qua sotto potete ascoltare tutto:

Radio Raheem

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Mother Sunday – Midnight Graveyard (7″, Moon Records)

7” l’incredibile di un gruppo che non ha fatto nient’altro, uscito auto prodotto nel 1971 riesce a catturare in pieno l’essenza di quel periodo di sbandamento e festa senza un domani. I Mother Sunday sono nati a Zurigo, il cantante era originario della Nuova Zelanda, da qui l’accento e il mistero risolto. Gli altri erano giovani ragazzi del giro rock, di età pari o inferiore a 18 anni. Uno è apparentemente morto per problemi di droga, il cantante è scomparso (probabilmente è tornato in Nuova Zelanda), un altro sta ancora suonando da solo allo specchio… e poi c’è l’uomo che aveva 18 anni quando ha fondato la sua l’etichetta per pubblicare questo 45 giri. 7″, ripeto incredibile, rock psichedelico cadenzato che espande le prospettive sull’adesso, energia pura incontaminata, come vedere il mostro di loch Ness fare capolino nel lago di Zurigo

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Kokeshi Milk “Lost And Found”(1Q84 cd, maggio 2023)

Oggi parliamo di una nuova uscita oscura e deviata di un progetto misterioso di cui non si sa praticamente nulla. Gia venerato in germania/francia dai cultori della coldwave e punk elettronico escono con un nuovo lavoro questa volta in cd, dopo la prima uscita in cassetta, che ci teletrasporta direttamente postpost-modernomorte-umano-fututro-anteriore. Come sei i kraftwerk fossero stati punk e i punkerss 77 alieni intrippati col ballare come zombies. Batterie elettroniche e ritmi primordiali, voce femme-ragazza-lolita-pazza che mentre ti sorride ti stende ma ti può anche far fuori da un momento all’altro stile Sharon Stone in basic insinct. Un band così in Italia non c’è, quelli che ci provano sono un pò macchiette e sopratutto diciamo che proprio non esiste una vera cultura del punk elettronico qua da noi. Impossibile capire come sono state fatte le basi, sono talmente dirette potenti e scarne che sembrano partorite da vecchi synth analogici… ma chissà… spero di poterli intervistare prima o poi per capire come. La cosa più potente che viene fuori dai loro pezzi è il contrasto tra l’oscurità killer delle basi con la voce femminile che canta come se fosse sotto la doccia. Kokeshi Milk dance il no future now! Buon ascolto!

https://www.kokeshimilk.org

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Intervista a Orson

Ciao Cataldo noi ci conosciamo ma chi legge no. Chi sei ? Cosa fai? Raccontami un po’ di te….vai a ruota libera tutto.

Ciao Luca, iniziamo con la domanda più difficile del lotto, chi sono? Eh boh, ancora non è che lo so bene, diciamo che ho dei punti fissi nel dirti che sono un giovanotto di 42 anni che ancora si diverte ad ascoltare, scrivere e fare musica. Lo faccio con due progetti, uno in band, i Barbados, l’altro in solo, Orson. In entrambi scrivo e canto canzoni, più articolate con la band, più semplici e scarne in solo.

Il tuo progetto musicale si chiama Orson, quand’è nato, come si è sviluppato? Com’è nata la tua passione per la musica?

Orson è nato ormai 6 0 7 anni fa, non ricordo bene, dall’esigenza di fare musica in maniera diretta, un progetto plug & play in cui attaccare la spina e suonare canzoni semplici che parlassero della provincia. Ho iniziato prima portando nei live, voce e chitarra acustica, alcuni brani dei Barbados che insieme alla band avevamo ritenuto poco congeniali a quello che stavamo facendo in quel momento, poi, di concerto in concerto, sono venuti fuori pezzi nuovi che mi sembravano potessero venire meglio in una dimensione più scarna e asciutta. Li ho provati dal vivo e – visto che funzionavano – li ho registrati nel primo e unico ep uscito finora, Here (More Letters Records, 2017). Le registrazioni seguono il modello dei live, presa diretta con qualche microfono, tutto rigorosamente fatto in casa con l’aiuto di Wolfman Bob, che tu ben conosci. Nel corso del tempo poi il progetto si è caratterizzato secondo questo approccio laboratoriale aperto, in cui in ogni data portavo qualcosa di nuovo per capire come, negli ambienti in cui suonavo, in Italia o all’Estero, in house concerts o in locali, queste canzoni venissero recepite, sia come singole entità che nel flusso di tutto il resto. Poi è arrivata la pandemia e all’improvviso mi son fermato, da tutto, dal suonare, dallo scrivere e ovviamente dal fare concerti. Ci è voluto l’intervento provvidenziale di IMustBe Leonardo, un songwriter anche lui pugliese ma di base a Berlino, che mi ha convinto a registrare un altro EP, On the Moon, che uscirà a giugno in forma di cartolina per la sua neonata label Mendips Records. Da qui sono venute alcune date e speriamo un piccolo tour in cui, insieme, andremo a presentare i nostri rispettivi ep.

La passione per la musica nasce credo insieme a me, da sempre ne sono affascinato, sono curioso di natura e per quanto io scriva delle canzoni semplici, ho sempre ricercato nell’ascolto delle chiavi particolari, degli accenti che risuonassero con me, insieme a me. Il mio approccio di scrittura dunque è figlio di innumerevoli ascolti, letture, emulazioni, reinterpretazioni che vengono dalla mia vorace fame culturale – se così si può definire -, alla base dell’atto creativo ce n’è sempre uno di conoscenza e condivisione che mi permette, in qualche modo, di definirmi e segnare un sentiero.

Qualche anno fa con l’amico Federico hai fondato anche la tua etichetta More Letters, dedita esclusivamente alla produzione di musicassette di un certo tipo, com’è nata l’idea, state andando avanti?

Sì, More Letters vede dentro me, Federico Pirozzi e Massimo Reali, tutti e tre amici dai tempi dell’Università, abbiamo fondato l’etichetta un po’ per gioco un po’ per unirci finalmente intorno a qualcosa di concreto, un progetto di cui parlavamo da tantissimo tempo. La cassetta ci sembrava il formato ideale, era il supporto principe di quando tutti e tre ascoltavamo musica da adolescenti, quello delle compilation, e ancora oggi ci sembra un messaggio di amore più che un mero supporto, esattamente come le lettere lo sono rispetto alle più fredde mail. Dal 2015 a oggi abbiamo stampato 15 album in cassetta – di cui 2 ristampe (Bob Corn e Yuppie Flu), più altri 2 usciti esclusivamente in digitale; ad oggi invece siamo un po’ fermi, tutti un po’ presi dalle magagne della vita quotidiana e anche per noi il post pandemia – come ti dicevo prima – si configura come un periodo di riflessione e riorganizzazione. Vedremo quello che succederà, però fino a ora è stato davvero divertente, abbiamo pubblicato solo roba che ci piace e che si può riassumere così: musica chitarrosa in stile 90s.

Sei di Corato (Ba), ma hai girato un bel po’ per poi ritornare a casa, parlaci del contesto musicale pugliese che conosci e delle differenze tra quello che hai conosciuto non so nelle città dove hai vissuto.

In realtà la mia “carriera” musicale nasce qui in Puglia, quando son tornato dal mio peregrinare, quindi questo è l’unico contesto che ho imparato e sto imparando a conoscere. Certo prima sono sempre stato un assiduo frequentatore di concerti, grandi e piccoli, ma non ho mai toccato con mano una scena prima di quella pugliese.
Devo dire che anche qui la pandemia ha giocato la sua parte, o meglio la mancanza di politiche di salvaguardia del comparto artistico durante la pandemia. La gran parte della scena è formata da gente che ne fa parte e che attivamente si mette a disposizione di uno sviluppo, organizzando concerti, suonando insieme, mettendo su associazioni, luoghi e spazi che alla diffusione della musica si dedicano. Insomma siamo tutti amici, a prescindere da quello che si suona.
Dopo la pandemia però parecchie associazioni hanno smesso di operare, si è creato un vuoto di presidi sul territorio che ha fatto scemare forse un po’ il legame fra noi, ascoltatori, suonatori, compagni. La nostra regione ormai punta esclusivamente a grandi eventi turistici che poco o niente hanno a che fare con l’innalzamento artistico del territorio, ma noi ragazzi dell’alternative delle istituzioni abbiamo sempre avuto pochissima fiducia e le cose preferiamo crearcele da soli. Da un po’ di tempo, diciamo due mesi, vedo di nuovo un certo fermento e, per quanto io in primis mi sia impigrito e abbia avuto un blocco che come ti dicevo mi ha portato a disertare tutto – dallo strumento ai concerti, vedo nascere realtà che si organizzano e collaborano tra di loro, nuove leve che suonano, producono, coinvolgono, aggregano intorno alla musica. Tutto questo non può che farmi un immenso piacere.


Ho sempre pensato che la scena pugliese avesse tante peculiarità e belle singolarità che messe in circolo potessero formare qualcosa di più, a vari livelli. Ci sono artisti e band davvero forti e questo tracciando una linea che unisce i generi in maniera trasversale, su tutta la sua lunga superficie, dal Salento ai Monti Dauni. Non voglio fare nomi perché sicuramente dimenticherei qualcuno ma sento adesso un brulicare di vita nuova di cui non posso che essere come minimo curioso e sono pronto a farmi sorprendere ancora.

Guarda, a volte è davvero strano come si riattivino certi meccanismi o come le cose improvvisamente prendano una certa piega, ma è stato inaspettato anche per me rivedere tanto fermento – associazioni che riaprono, collettivi che sorgono, band che nascono, concerti che ricominciano e chiamate che arrivano – forse era solo mio il problema e non mi accorgevo di tutto questo ribollire; o forse boh semplicemente si arriva a un punto in cui le cose sono mature, e ci si rompe talmente tanto dell’offerta birra artigianale/vino naturale/panini gourmet stracciatella & granella di cui la Puglia è ottusamente satura, che si manda tutto a fanculo e ci si rimbocca le maniche, fiorendo nuovamente. Secondo me – lo spero – ne sentiremo delle belle.

Progetti per il futuro? So che stai riniziando a suonare dopo un periodo di pausa, stai pensando anche a registrare del materiale nuovo?

Come ti dicevo a giugno esce un nuovo ep, si chiamerà On the Moon e vedrà la luce in forma di cartolina per Mendips Record. Al disco ha lavorato con me IMustBe Leonardo, che si è occupato di registrazione e postproduzione. Dentro ci sono 4 nuove canzoni che vorrei portare un po’ in giro live. Anzi ne approfitto, insieme ad IMustBe stiamo cercando di organizzare un piccolo tour in giro per l’Italia, nelle case degli amici, per ora abbiamo due date confermate, il 3 giugno a Sant’Ippolito nelle Marche e il 6 giugno a Milano. Se c’è qualcuno interessato alla nostra musica disponibile in quei giorni sulla tratta adriatica o su quella tirrenica, battesse un colpo a orsonsound@gmail.com

Poi dovrebbe uscire anche il disco nuovo dei Barbados, è tutto pronto, ma preferisco non sbilanciarmi su eventuali date 🙂

Riferimenti e link per ascoltare la tua musica ed etichetta.

Orson: https://orsonsound.bandcamp.com/album/here
Barbados: https://morelettersrecords.bandcamp.com/album/runaway-stories
More Letters: https://morelettersrecords.bandcamp.com/

Chiusura Marzulliana… fatti una domanda e datti una risposta

Perché raccontare sta diamine di provincia? Cosa ha di così particolare per te?

Ti rispondo con parole non mie, ma dello scrittore Juan Gabriel Vasquez, che per me valgono non solo per la letteratura ma anche per la musica:

“Con il tempo ho pensato che è questa la vera ragione per cui gli scrittori scrivono dei luoghi della loro infanzia e adolescenza e anche della loro prima gioventù: non si scrive di ciò che si conosce e si comprende, ma proprio perché ci si rende conto che tutta la conoscenza e la comprensione erano false, un miraggio, un’illusione, tanto che i libri non sono, non potranno mai essere altro che elaborati esempi di disorientamento: estese e multiformi dichiarazioni di perplessità. Tutto quello che ritenevo assolutamente chiaro, si pensa quindi, risulta ora colmo di ambiguità e di intenzioni occulte, come un amico che ci tradisce”

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Intervista Guitar_Boy

Ciao noi ci conosciamo ma chi legge no. Chi sei? Che fai?

Ciao, Sono Francesco Panatta in “arte” Guitar_boy, faccio il grafico da tantissimi anni e lavoro soprattutto (per non dire esclusivamente) in ambito editoriale, un campo ormai diventato di nicchia se non addirittura in via di estinzione, ho lavorato per molte case editrici spaziando dalle edizioni di libri a fumetti per la Magic Press al progettare e impaginare riviste e fanzine di musica, Psycho!, Ritual, Il Giaguaro, Hate sono alcune fatte in passato e attualmente sono il grafico per Classix!, Classix Metal e Rrazorr. Inoltre ho fatto anche poster per il cinema, manifesti, copertine… Parallelamente al lavoro che mi da da mangiare, ho speso anni (e fatica e soldi) nella musica suonando principalmente con gli Intellectuals (spero di non dover ricordare che gruppo era) e da un bel po’ disegno e creo fumetti.

Come nata la tua passione per il disegno? Da quanto tempo lo fai? Come ti sei appassionato? Gente che ti ha influenzato? Ecc ecc …vai a ruota libera

La passione del disegno è una questione che parte da lontanissimo, da ragazzino non andavo al campetto a giocare a pallone (poi ho fatto anche quello però), ma stavo ore a riempire dei blocchi da disegno più grandi di me, iniziavo da un angolo a disegnare minuscoli soldati alleati o nazisti e dopo un pomeriggio di battaglie minuziose ero arrivato dall’altra parte del foglio… (quella dei soldati nazisti era una fissa imbarazzante per i miei genitori perché ogni tanto mi portavano nella sezione del PCI durante le lunghe assemblee serali e io nel frattempo riempivo fogli di svastiche! Ovviamente non ero affascinato dal nazional-socialismo, solamente che per me erano i super ultra cattivi per antonomasia e quindi fantastici da disegnare e poi mi piacevano le uniformi). In quegli anni scoprii i primi fumetti, Alan Ford, TinTin e i numeri di Linus che passavano per casa, ma divoravo qualsiasi cosa mi capitasse sotto mano, non mi interessava tanto seguire dei personaggi o un genere, ero totalmente preso dal mezzo espressivo in se, il legame tra parola e disegno era una cosa magica.

Poi arrivato il momento del liceo ho fatto la prima di una serie di cazzate, nonostante i miei spingessero per l’artistico sono andato allo scientifico per seguire la ciurma di amici delle medie (bravo cojone) e così mi sono ritrovato a fare 5 inutili anni di studi sulla prenestina, perlomeno però avevo scoperto Pazienza e gli altri di quel giro ‘bolognese’, ma soprattutto ancora prima avevo scoperto Metal Hurlant nella versione italiana, 12 numeri che tengo a casa come la sacra bibbia del fumetto. Dopo la maturità sono andato allo IED (fine anni ottanta) e ho fatto grafica anziché illustrazione, all’epoca erano due professioni nettamente separate, avendo letto tanti Frigidaire la grafica che vedevo su quelle pagine cominciò ad appassionarmi, aveva qualcosa di sperimentale metà tecnica metà creatività o almeno allora pensavo a qualcosa del genere…

per fortuna era una epoca pre-computer e quindi ho potuto fare pratica con gli strumenti da disegno tradizionali e imparare a usare rapidograph e retini, per cui agli inizi degli anni novanta cominciai a disegnare fumetti, entrai anche in contatto con qualche realtà: uno studiolo dove facevano fumetti per bambini (mi sa una roba tipo Masters Of The Universe) e un paio di squallidi addetti ai lavori (tipo dei collezionisti), tutti mi schifarono. Una estate con un amico ai testi facemmo una storia di una ventina di pagine che con coraggio e faccia tosta portammo a Sparagna in persona pensando che forse poteva andare su Frigidaire o Tempi Supplementari, ci incontrò fuori dagli uffici e tirammo fuori le tavole sul cofano di una macchina ci disse ‘complimenti per la creatività vi farò sapere’ (una cosa così non ricordo le parole esatte) e sene andò via con una tipa che non faceva altro che ricordarci di votarlo (si presentava per i verdi), noi eravamo così scemi e ingenui che gli lasciammo gli originali. Ovviamente non ne abbiamo saputo più niente, chissà che finaccia hanno fatto. Comunque fu un periodo importantissimo per il fumetto, scoprii tantissimi autori per me nuovi, soprattutto americani, Daniel Clowes, Charles Burns, Peter Bagge, ma anche Francesca Ghermandi.

Era un momento che in edicola uscivano diverse riviste di fumetti, Nova Express, La Dolce Vita, Cyborg per dirne alcune e io metabolizzavo un’altra volta tanti stili diversi che avevano su di me un impatto potentissimo… a quel punto però è arrivata molto più potente la voglia di suonare che già facevo dai sedici anni e il tempo che mi rimaneva fuori dal lavoro l’ho cominciato a dedicare al 100% solo a quello, smettendo per 20 anni buoni di disegnare quasi del tutto. Quando una quindicina di anni fa ho chiuso con la musica è stato quindi naturale rimettermi a disegnare, la voglia di esprimere le cose che ho dentro attraverso il disegno e la passione per i fumetti sono state determinati, anche se devo ammettere che la chiave che ha riaperto la porta è stato un libro di Manuele Fior ‘L’intervista’, non so cosa ha scatenato quel libro, forse per lo stile o il tipo di racconto, ma mi ha spinto a ricominciare, solo che dovevo ricominciare praticamente da zero ed è stato come iniziare a suonare, ripartire dalle basi e sperimentare strumenti e segni diversi, in maniera anche molto istintiva (esattamente come facevo con la chitarra).

Ho cominciato su delle moleskine in cui mettevo in pagina disegni e brevi testi un po’ alla Raymond Pettibon (per modo di dire), poi mano mano sono nate le prime storie brevi (un formato che ancora mi piace moltissimo), finché un giorno sono andato ad un incontro con Maurizio Ceccato di B-comics, ci siamo conosciuti e grazie a lui ho pubblicato la mia prima storia ‘Linfa Arborea’ su una antologia intitolata ‘SHHH’, da quel momento è partito tutto e mi sono dedicato a tanti progetti, tutti nel mondo dell’autoproduzione. A livello stilistico e di genere non sono mai stato fermo, probabilmente l’insicurezza per la mancanza di una base solida di studi artistici (sono al 100% autodidatta) mi porta a sperimentare sempre qualcosa di diverso e modificare lo stile, a volte lo faccio per cercare il modo migliore di raccontare una storia, altre forse perché sono solo una pippa incostante… lo so di avere una tecnica limitata. Comunque se da una parte sono consapevole che per essere riconosciuti e per ritagliarsi almeno un minimo di seguito, devi trovarti uno stile preciso, svilupparlo, mantenere una strada e dare continuità ai lettori (anche quelli a cui piace la roba “underground”), dall’altra non me ne frega un cazzo, per fortuna esiste l’autoproduzione che mi permette di fare come voglio, ma il dubbio rimane e a volte mi assale l’incubo di essere solo un ‘disegnatore della domenica’ e vado in depressione per giorni.

Non so se suoni ancora… ma insomma hai suonato tanto in vari gruppi e fatte tante copertine per band e progetti musicali. Puoi parlarci anche della tua passione per la musica e di come le due cose siano collegate…

No ormai non tocco più una chitarra da non so quanto (a proposito se qualcuno vuole comprare un ampli Lombardi mi sa che comincio a vendere tutto) a un certo punto mi sono stufato, non riesco in due parole a dire perché, ma mi sono sentito un estraneo rispetto al giro della musica, anche quello ristretto e sotterraneo in cui ci muovevamo noi… era diventata una faticaccia e quando è così non puoi fare affidamento solo sulle tue forze interiori, per andare avanti servono anche degli stimoli che vengono dall’esterno e io non ne stavo trovando. Adesso poi non saprei neanche con chi e per chi suonare. Però (c’è sempre un però) la musica rimane con i fumetti la mia più grande passione, viviamo in una casa fatta di pareti di dischi e libri di fumetti, non riuscirei mai a farne a meno, solo che adesso la seguo riscoprendo tutto quello che ho accumulato negli anni passati ed è come rivivere tante vite diverse ogni volta che metto su un disco. Il legame fra fumetti e musica per me è fortissimo e va anche questo indietro nel tempo, le fanzine miste che proponevano musica e fumetti, autori che facevano copertine e poster, storie come Love & Rockets ambientate proprio nella scena punk li ho sempre visti naturalmente collegati e poi stava succedendo anche a me avendo iniziato con le copertine e i manifesti dei gruppi di amici, non a caso il nome Guitar_Boy (con Drum_Girl ce li siamo messi agli inizi con gli Intellectuals) come nickname l’ho usato da subito per firmare i disegni perché mi piaceva il fatto che fossi riconosciuto anche come facente parte della “scena” e per mantenere questo legame. Ovviamente adesso mi rendo conto che per chi mi legge i miei fumetti e non sa del gruppo, del garagepunk e dei dischi, questa cosa è totalmente oscura! 

Negli ultimi anni ti sei anche autoprodotto tante fanzine. Come e dove si possono reperire fisicamente e magari vedere telematicamente?

Ho iniziato nel 2017 con ‘N.M.H.F.’ (il Professor Non Mi Ha Fatto) doveva essere una serie di quattro numeri ne ho fatti solo due, come progetto era divertente e c’erano un bel po’ di cose buone, ma era nato nella maniera sbagliata e non me la sono sentita di continuarlo, peccato perchè avevo altre idee in cantiere per i numeri successivi, comunque quei fumetti ormai sono esauriti. 

Nel 2021 ho fatto ‘Vida Lockdown’ una raccolta di storie, pagine autoconclusive, vignette, impressioni sul periodo della quarantena, non un fumetto dal taglio giornalistico, ma più una visione umana e disincantata sull’incapacità di far fronte a quel periodo, anche in questo credo si noti molto la schizofrenia stilistica di cui ti parlavo prima, di questo ne ho ancora qualche copia disponibile. Un altro progetto è nato il giorno che ho ritirato le copie di ‘Vida Lockdown’ di ritorno dalla tipografia in macchina mi è venuta in mente un’altra storia a tema, quella di una donna sola chiusa in una unica stanza, con lo scorrere del tempo scandito da cose minimali, ma allo stesso tempo un po’ assurde e irreali, ho pensato che ci sarebbe stata benissimo, perchè avrebbe aggiunto un taglio e un punto di vista ancora diverso e me ne sono rammaricato per 2 giorni finché ho deciso di farne una specie di

“supplemento”, mi è venuto in mente da subito titolo e copertina QUA/RAN/TINA con la composizione per cui la A finale sarebbe stata la faccia della protagonista, ne ho fatte 50 copie stampa laser direttamente su A4, 24 pagine, sei vignette fisse (più o meno) e tutto senza nessuna parola, una vera fanzine dei tempi belli one shot da distribuire al volo e via… solo che dopo questa prima uscita ho capito che il personaggio aveva delle potenzialità che aveva una vita e una personalità che andava espressa e così ho deciso di continuare a lavorarci e ho iniziato il ‘Ciclo delle stagioni’, in questa serie la protagonista (Tina?) viaggia in avventure tra l’onirico e il surreale andando in territori fuori dal suo quotidiano, ne ho fatti già tre (ecco che torna la musica nei fumetti): ‘Summer Babe’, ‘A Forest’ e l’ultimo (per ora) ‘White Light/White Heat’ dove ho dato fondo ai miei vecchi fogli Letraset e R41 per realizzarlo, percorrendo questa strada di unire grafica decostruita e disegno che sto pensando di riprendere in futuro. Per chiudere questo ciclo di uscite ho iniziato a lavorare sull’ultimo capitolo ‘Soul Time’ che contrariamente ai primi tre sarà pieno di parole e personaggi diversi, sarà una conclusione che darà una interpretazione (non una spiegazione) a ciò che a vissuto la protagonista nei numeri precedenti. Sta venedo fuori un lavoro molto più lungo e impegnativo dei precedenti, ho già scritto e disegnato un capitolo (il numero IV) e sto provando a farlo girare a mo’ di promo per trovare un editore che mi aiuti a realizzarlo, ma per ora non mi pare interessi a nessuno… 

Comunque di QUA/RAN/TINA ne ho ancora copie e ho anche ristampato i primi due.  In attesa di finire questo progettone, sto lavorando al primo libro di ‘Big Supplì’, una ottantina di pagine su un personaggio a tutto tondo, decisamente ruvido fuori, ma dalle tante sfaccettature interiori, si parlerà di cibo, ma c’è anche musica, disagio e violenza. è quasi pronto mi mancano una quindicina di pagine e spero di portarlo al Crack al forte prenestino. Direi che è tutto.

Per chi fosse curioso, instagram: guitar_boy69 e per copie cartacee scrivetemi a: nmhf1969@gmail.com

Chiusura di rito Mazzullianna …fatti una domanda e datti una risposta.

Quand’è che hai deciso di infilarti in questo buco nero di dubbi e fustrazioni?

Più che decidere ci sono caduto dentro

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Intervista a ZIST

Ciao Riccardoo noi ci conosciamo ma chi legge no. Chi sei? Che fai? 

Ciao caro!

Allora, sì sono Riccardo ma solitamente mi nascondo dietro vari nomi come Ricky Martyr quando suono con la mia band “Weekend Martyr” e “ZIST” che è il mio progetto solista, l’origine di quest’ultimo alias deriva da un mio grande amico che ormai vive in Giappone, è passato tanto tempo e il significato si è perso con il tempo ma la cosa più bella è che se scrivi su youtube Zist prima delle mie canzoni vengono fuori video di gente che spreme brufoli e punti neri, penso voglia dire pustola in francese e questo mi piace molto. 

Cosa faccio? Non lo so bene neanche io, l’unica certezza che ho è cosa voglio fare, cioè suonare, placare quella smania che ho fin da bambino di concretizzare qualcosa, vederla finita e reale. L’unica attività che sono riuscito a portare a termine con costanza è proprio la musica, per il resto sono un grande pigro e procrastinatore. 

Parlaci della tua passione per la musica, di com’è nata e come si è sviluppata… del tuo progetto solista Zist, com’è nato, perché? Parlaci delle tue band e di cosa vuoi e ti fa piacere… vai a ruota libera. 

La vera scintilla sono stati i Ramones. Avrò avuto 12 anni più o meno, c’era un giovane punk che abitava nel mio palazzo, questo ragazzo aveva una maglietta dei Ramones e un cane chiamato Syd… Lo vedevo scendere le scale con la sigaretta in bocca e affascinato dal suo aspetto ricercai su internet “Ramones” la parola chiave che mi aprì un mondo. Fu folgorante, mi ascoltavo Rocket to Russia a ripetizione su Youtube, da quel momento decisi che da grande volevo essere come loro.

Dopo ho suonato in varie band, ho scoperto i Pixies e i Sonic Youth e ho formato una band noise punk gli Wax Faces (https://waxfaces.bandcamp.com)

Poi il grande amore per Bowie e Marc Bolan mi ha portato verso il Glam rock, Lou Reed, Iggy Pop. Da qui nasce il progetto “Weekend Martyr” :

(https://alochdischi.bandcamp.com/album/weekend-martyr

e la voglia di scrivere canzoni da poter fischiettare. Ora ci siamo stufati e abbiamo virato verso una dimensione sonora

completamente diversa, più cupa, più minimale, più sofferta. Abbiamo un disco nuovo prodotto da Marco Fasolo (Jennifer Gentle) che uscirà quest’anno in un periodo non ancora ben definito. Siamo molto contenti di questo ultimo lavoro e lo vediamo come il vero punto di partenza della band, come si dice “il disco della maturità” hahahah. 

ZIST ( rigorosamente in ALL CAPS come MF DOOM)  è il mio giocattolo, è un progetto immediato e senza budget, con i pochi mezzi e l’esperienza acquisita negli anni sono riuscito a registrare in maniera indipendente dei dischi molto diversi tra loro, con la matrice comune della spontaneità, è il progetto che sento più vicino alla mia esigenza musicale. Prendo un microfono, abbozzo un’idea e vado. Spesso non riguardo neanche i testi e faccio anche errori grammaticali in inglese, ma sinceramente me ne frego, perché mi piace così. 

Tu sei di Livorno, parlaci un po’ della tua città e del contesto musicale dove sei nato e cresciuto.

Livorno è una città assurda, ho sempre l’impressione che sia un paesino ma in realtà è grande e piena di gente. Sono cresciuto nei “fondi” ovvero sale prove prese in affitto insieme ad altre band, spesso umide e affumicate dagli spinelli. A Livorno si sta bene, si sta male, ci sta stretta, ci offre tutto e nulla. Non la so capire, non la conosco neanche così bene perché ancora mi perdo per strada e non so i nomi delle vie, ma questo è un problema mio. Ci sono molte band valide come i Lupe Vèlez, Bonsai Bonsai, Inframellow (giovanissimi che fanno un brit pop shoegazeiano, gruppo che più mi fomenta ora sul territorio) i Jackie’s O’ Farm, Nino Farini, Bad Honko, gli storici Appaloosa… ora ci sono troppi Dj, ma è normale, cambierà. 

Che stai facendo adesso che bolle in pentola dia come Zist che con i progetti band? Concerti/produzioni in vista? 

È un bel periodo, stiamo riprendendo a suonare dal vivo con i Weekend Martyr, sono stati anni difficili personalmente parlando, si va avanti e ci saranno, spero, novità e soddisfazioni. Per quanto riguarda ZIST inizierò a registrare un disco nuovo, ho voglia di folk, sporcizia e esoterismo. 

Chiusura di rito Marzullianna ..fatti una domanda e datti una risposta.

La tua più grande paura?

Lavorare 8 ore al giorno.

Grazie Luca, un abbraccio! 

E’ uscito il disco di ZIST – Inoculate, una raccolta dei suoi primi ep su Bubca records, eccolo qua sotto:

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intervista a Giacomo Giunchedi

Ciao Giacomo noi ci conosciamo ma chi legge no. Chi sei? Che fai? 

Sono ciò che resta di un diciannovenne che tanti anni fa lasciò la propria cittadina di provincia per cercare una nuova realtà da vivere a Bologna, dove attualmente vivo. Qui lavoro in ambito sociale e mi dedico alla musica, la mia principale pratica quotidiana, il mio obiettivo di vita.

Sei polistrumentista, compositore a tutto tondo al di la dei generi e gli stili, hai avuto credo tanti progetti musicali, come nata la tua passione per la musica? Parlaci della tua storia musicale e del tuo attuale progetto solista “Sacrobosco” che credo sia al momento il fuoco della tua attività creativa. Quando è nato, perché, come? …vai a ruota libera 

La mia passione è nata ascoltando le musicassette di mio padre in macchina durante le vacanze. Un giorno mise i Rolling Stones e si accese una fiamma più viva delle altre. Mi disse che se mi fossero piaciuti avrei dovuto allora ascoltare i Beatles, che fino ad allora per me erano soltanto i personaggi di uno strano cartone animato. La fiamma a quel punto divenne una bomba a Napalm e tutto cambiò per sempre. Sacrobosco è il mio punto di arrivo, fatto principalmente di ricerca musicale libera, senza troppi canoni, senza sovrastrutture invadenti.

Che stai facendo adesso che bolle in pentola? Stai preparando nuove cose? Concerti in vista? 

Il mio prossimo disco a nome Sacrobosco sará un doppio album, diviso in due uscite, che verrá pubblicato nei prossimi mesi da Trovarobato. Ho diversi concerti tra marzo e giugno ed ho la felice impressione che ne arriveranno degli altri.

Mi contattasti per suonare a casa tua, dove per un periodo da vero eroe hai organizzato concertini casalinghi di cantautori o progetti solisti strambi. E’ stato molto bello e caldo ed è stata una delle poche occasioni dove mi sono sentito veramente bene a suonare a Bologna. Tu non sei di Bologna, ma ci hai studiato e poi l’hai scelta per viverci , parlaci del tuo rapporto con la città e dei vari cambiamenti che si sono succeduti negli ultimi anni… cambiamenti che poi in realtà riguardano un po’ tutte le varie città italiane per quanto riguarda la musica, la cultura e l’arte non allineata in generale. 

Rischierei di farti uno spiegone infinito in merito, visto che il tema del cambiamento delle città, e di Bologna nel mio caso, mi appassiona molto. Posso dirti che la nota positiva è nella capacità che ha questo luogo di attrarre costantemente nuove generazioni e che Bologna è piena di un fermento dal taglio sempre particolare, poco provinciale e vicino alle tendenze internazionali. È un posto che si rigenera e che é in grado, almeno in parte, di non farsi masticare dai principi del consumo e dalle logiche amministrative che tendono a trasformare le aree urbane in mangiatoie con spritz a 6 euro, mentre nelle periferie agli adolescenti privi di risorse economiche non resta che farsi di Lyrica.

Quanto agli houseconcert, posso dirti che per me sono un piccolo grande gesto politico. Un modo di far incontrare persone all’interno di un contesto puro, dove l’unica cosa che conta è condividere un’esperienza artistica. Li realizzo interamente a mie spese e il ricavato va all’artista. L’obiettivo è dare risalto alla performance e al puro momento di condivisione e partecipazione.

Chiusura di rito Marzullianna ..fatti una domanda e datti una risposta.

How do you feel?” 

“Collins”

https://sacrobosco.bandcamp.com