Intervista a Raniero Berardinelli : Il piacere e il divertimento che si prova a fare il tuo gioco preferito è impagabile, non c’è altro che ti dia più piacere tranne le necessità biologiche della vita.

– Ciao Raniero noi ci conosciamo molto bene, chi legge no, chi sei? cosa fai? Cosa ti piace fare?

Ciao Luca, la prima domanda “chi sei?” non è da poco …eh già… chi sono? A parte essere una persona, con nome e cognome ecc direi di essere un artista, ma il termine artista è troppo ambiguo al giorno d’oggi, ha perso un po’ di significato, vorrebbe dire dal latino medievale “maestro d’arte’ cioè qualcuno esperto in una certa arte, tecnica artistica, e ci sono artisti oggi che mi sembra non eccellano in nessun tipo di tecnica.

Essere artisti dovrebbe voler dire immaginarsi qualcosa e cercare di realizzarla con la propria ‘arte’, abilità tecnica e manuale. E’ l’unione sinergica della tensione mentale e quella manuale che rende un’opera completa espressione di un solo individuo. Quindi più che artista direi pittore, penso che la mia arte sia quella, la pittura e solo ultimamente la scultura ma con capacità tecniche limitate. Mi piace usare la pittura, mi piace fare i quadri, mi piace dipingere, mi piace creare immagini con la tecnica della pittura, in particolare la pittura a olio, che mi sembra in assoluto la tecnica migliore e più versatile, con un grado di illusionismo direi magico, puoi creare l’illusione di mondi fantastici ma molto credibili (basta guardare la pittura rinascimentale per esempio).

Il disegno è la base, l’idea di un’immagine nasce da una linea, una serie di segni, su una superficie bidimensionale, anche con il disegno il grado di illusionismo può essere altissimo. La scelta della tecnica artistica penso avvenga in maniera spontanea, viscerale, è il gioco che preferisci fare in assoluto tra tutti gli altri. Il piacere e il divertimento che si prova a fare il tuo gioco preferito è impagabile, non c’è altro che ti dia più piacere tranne le necessità biologiche della vita. E non ti stufi mai, e lo vorresti fare sempre, per tutta la vita, anche poco ma tutti i giorni.

– Ci siamo rivisti dopo un bel po’ di tempo e ho avuto occasione di vedere i tuoi nuovi lavori di scultura, pittura e street art. Ce ne vuoi parlare? Vai a ruota libera…

Difficile parlare di qualcosa che nasce dalla tua testa e dalle tue mani, e che una volta finita comunica col mondo da sola, con la sua presenza visiva (arte visiva). Posso dire che sto producendo molto, più lavoro e più ho voglia di lavorare, di sperimentare tecniche, trucchi del mestiere, provare a fare cose che non ho mai fatto tipo attaccare disegni con lo spray per strada. Come dicevo prima le possibilità della pittura sono infinite e il tempo è sempre poco, intendo il tempo di una vita. 

– Tu suoni e hai suonato in tanti gruppi, parlaci delle connessioni tra suono-musica e la tua arte…credo che le cose siano in qualche modo collegate o mi sbaglio.

 Più che la musica che ho suonato posso dire del rapporto con l’arte e la musica in generale, che sicuramente comprende forse le cose che ho suonato e dipinto. Ci sono musiche, dalla classica alle più recenti per cui se chiudi gli occhi senti nei suoni un colorazione emotiva, come se alcuni suoni dessero emozioni simili alla visione di un colore, ci sono musiche in questo senso più o meno colorate, e anche nelle forme ci può essere un carattere che cambia come nella dinamiche musicali delle melodie e del ritmo. Un’influenza grafica l’ho avuta anche sicuramente dalle copertine dei dischi che ho ascoltato o visto, facendone anche per i miei gruppi.

Alcune forme, caratteri o colori sulle copertine di certi dischi evocano un certo tipo di musica e immaginario sonoro molto riconoscibile, penso prima di tutto al metal, diciamo l’esempio più semplice. Ultimamente non mi occupo quasi più di musica se non come fruitore distratto, mi sono concentrato sul visivo e più approfondisco la questione più mi rendo conto di quanto rispetto alla musica, molto più presente nella nostra quotidianità e molto più diretta come fruizione, l’arte visiva, in particolare la pittura e il disegno siano di fruizione più difficile: si sta perdendo la capacità di concentrazione (con internet più che mai) di osservare a lungo un oggetto o un’immagine, e questo indebolisce la forza espressiva che può avere l’arte. Naturalmente parlo della concentrazione di guardare un’opera dal vero, non una foto su internet. E anche le occasioni fisiche e materiali che ciò avvenga sono molto più rare.

Tra l’altro godere e fruire di arte visiva è considerata un’attività per pochi, non popolare ed elitaria ma questo deriva soprattutto dal tipo di mercato dell’arte che ha prevalso e da certa arte astrusa e respingente, del resto come si può biasimare la gente con un sistema dell’arte così impostato. Ultimamente ho scritto una paginetta al riguardo intitolata “Contro il culto del prezzo”. La fruizione massima di un’opera d’arte penso sia privata, nel senso che averla in casa e guardarla tutti i giorni sia la prova del nove di un’opera, se continua ad emozionarti per giorni mesi e anni è fatta! Comunque una fruizione in condizioni di silenzio e senza troppe distrazioni, cosa che mi pare abbastanza difficile avere nella vita che facciamo. In generale mi sembra che ci sia molto poca cultura visiva, gusto e abitudine a fruirne anche in persone mediamente scolarizzate, il che ha anche prodotto arte di troppo facile consumo, molto effimera, anche formalmente troppo minimale, che si consuma in pochi secondi e che non è fatta per durare, scompare subito dalla memoria e ci lascia molto poco.

– Tra noi abbiamo parlato molto spesso di quanto sia triste il mondo dell’arte ufficiale. Pensi ci sia un modo per migliorare la situazione, collegare chi fa le cose in modo con un attitudine-approccio diverso in modo non solo di “fare avanguardia” ma anche di non andarci sotto?

Proprio di questo parla “Contro il culto del prezzo”. Il mondo dell’arte e il suo mercato, anche a livelli molto bassi della sua forma piramidale, ha stabilito, di fatto, che più un opera costa e più alto è il suo valore artistico, che penso alla maggior parte delle persone appaia ridicolo soprattutto vedendo cosa producono le superstar dell’arte contemporanea. La cosa assurda è che non appare ridicolo solo a chi è dentro e partecipa in qualche modo attivamente alla macchina mondo/mercato dell’arte. 

In quell’ambiente lì c’è una specie di tacito accordo nel giustificare qualsiasi cosa come arte e dargli un prezzo, per cui va bene tutto, basta che segua certe regolette di gusto contemporaneo o che sia il più indefinibile possibile e si possa spingere bene in quei contesti, l’importante è che lo spazio in cui viene esposto sia bello grande, vuoto, bianco e lussuoso. E’ gia dal contesto che ti si sta dicendo che quell’opera sicuramente è valutata con una cifra di denaro consistente, sicuramente non alla portata di tutti. L’esclusività come valore dell’opera d’arte. Mah. Naturalmente poi la macchina/mercato dell’arte , fagocita tutto,  le periferie, il luoghi dismessi, l’estetica underground ecc ecc. Il capitalismo insomma. 

Ormai si può fare tutto e niente, il termine avanguardia è stato svuotato dal mercato come le avanguardie storiche stesse. Sono state subito prezzate, etichettate, valutate, vendute all’asta ecc. sono diventate investimenti economici sicuri, e le vedi nei musei o nelle case blindate di qualche miliardario. La cosa triste è che è tutta una questione di soldi, e vabbe’ lo sanno tutti dirai. La cosa ancora più triste è che ormai tutti identificano l’arte con la ricchezza, perché in teoria solo benestanti e ricchi possono permettersela. Penso che ci siano legioni, orde di artisti che non la pensano così, e che sono fuori da quel tipo di mercato o per odio di classe appunto, o perché si vergognano di vendere il proprio lavoro con la furbizia e il leccaculismo,  perché non vogliono produrre quel certo tipo di arte che il mercato vuole o perché sono dei sociopatici. Purtroppo non mi sembra esserci un’alternativa a questo tipo di mondo dell’arte, almeno in Italia. Un ‘alternativa organizzata dico, con il suo mercato, i suoi artisti, i suoi spazi, le sue riviste ecc ecc. Penso proprio che ci è stato talmente inculcato nella testa che vendere a poco sia da sfigati e che comprare arte sia solo una possibilità per i ricchi che un’alternativa non c’è ma è quella che auspico ed quella in cui vorrei esistere come artista. Non c’è questo tipo di cultura alternativa sull’arte, nella musica sicuramente si invece. E’ tutto da costruire ed è quello che vorrei fare pian piano con altre persone che la penseranno come me… facciamo la Rivoluzione!

– Progetti futuri?

Il futuro non esiste, direi progetti giornalieri. A parte fare la Rivoluzione del mercato dopo secoli di ricchi committenti e collezionisti, che vediamo se ci riesce… Intanto andare Palermo ad agosto e produrre opere per poi esporle ad un festival di cui non posso ancora dire il nome e di lasciarle lì a Federico Lupo e che ci faccia quello che vuole. Poi a settembre organizzare le legioni, le orde e invadere il mondo tagliando teste a destra e a manca, ecco mi sembra tutto. Grazie Luca.

CONTRO IL CULTO DEL PREZZO

Si dice arte ogni capacità di agire o di produrre, basata su un particolare complesso di regole e di esperienze conoscitive e tecniche.
Quando invece si pensa all’arte, al mondo dell’arte, si pensa al lusso, a galleristi, mercanti, direttori di musei, aste, speculazione finanziaria, investimenti.

In un periodo storico come questo, in cui a tutto si può applicare l’etichetta di Arte, in cui il giudizio critico e il dibattito culturale sono sospesi o assenti, l’importanza di un artista e il valore di un’opera sono strettamente legati alle loro quotazioni commerciali. Costa tanto, vale tanto. Costa poco, vale poco.

Un mercato e un ambiente artistico alternativi a quello esistente, non dominati dal feticismo del prezzo e le cui opere siano economicamente accessibili, consentirebbero a una grande quantità di artisti di vendere di più, di far conoscere il proprio lavoro a un pubblico più vasto e di avere un beneficio economico necessario a produrre.

Una maggiore circolazione dell’arte aiuterebbe le persone a liberarsi dall’idea che acquistare un’opera sia un privilegio esclusivo riservato a pochi. Si rimetterebbe così al centro dello scambio il valore estetico ed emozionale dell’arte, l’interesse culturale in sé, e il desiderio individuale, personale, eccitante di possedere opere dalle quali ci si sente attratti.

Non si può creare arte solo per la classe agiata e i ricchi.

Creare arte è un’attività necessaria e spontanea che non ha niente a che fare con l’esclusività di un’élite, con lo snobismo mondano e l’aspirazione alla ricchezza. Collezionare opere d’arte non può, non deve essere un privilegio sociale.

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