Ciao Klippa Kloppa, che fate nella vita presentatevi?
Pur amando e frequentando la musica da sempre, la nostra indole si è dimostrata troppo irregolare per vivere in questi tempi di sola musica; lavoriamo perciò prevalentemente in altri campi: Mariano e Mariella hanno un’agenzia di comunicazione, Nicola è un operatore sociale, Marco un web-master, Simone un musicologo.
E’ uscito il vostro nuovo disco per Snodonia dischi, prima di parlarne se potete fare un riassunto veloce di quello che avete fatto nelle puntate precedenti, grazie.
Suoniamo all’incirca dal 1999: erano anni in cui vivevamo insieme a Napoli, per frequentare l’università. Con spirito anarchico condividevamo passioni, non solo musicali, esperienze diverse e tanti, tanti dischi: il tutto è confluito nei nostri lavori, che forse, anche per questo, molti hanno spesso definito ‘incatalogabili’. Quei primi risultati – dal disco del 2003 a nome Tottemo Godzilla Riders, creatura anzitutto di Nicola, pubblicato da Snowdonia, ai successivi album raccolti nel box riassuntivo Klippa Kloppa 2000-2010 – raccontano di un desiderio onnivoro di rileggere la tradizione e frullare le sperimentazioni del presente, andando oltre i vincoli dell’appartenenza a un genere, troppo spesso imposti dalla dittatura della comunicazione musicale degli ultimi decenni. Una necessità, questa, non imposta da una precisa volontà militante, ma nata da uno spontaneo modo di vivere la musica, che tutt’oggi condividiamo quando ci incontriamo per suonare (e fare tanto altro, perché le nostre sessions non sono mai solo un appuntamento musicale). Sono così nate le convulsioni avant di The world is full of j, i ritmi saltellanti di Babyday-Babynight e Shikoku F-Dragon Baby, i deliri un po’ free, un po’ rock di Figurine e favoline, e le riletture della classica contemporanea, i ghirigori blues e free-jazz, l’incontro tra exotica ed ardimenti elettronici, i deliri intimi e la ricerca sonora che popolano i lavori degli ultimi anni (molti dei quali confluiti nell’album Le femme blue, o in Siren, Amore cosmico e El pais encantado).
Il genere rimane indeciso, come se derivasse da un mondo antico o da un futuro lontano, in cui i princìpi antitetici non sono ancora fissati come contrari logici. Una discrepanza che è forse anche una nostra condizione della psiche, ma soprattutto – crediamo – una forma di reazione all’esperienza del reale, un rapporto con la realtà paragonabile a una lugubre allegoria. Al centro del nostro fare musica vi è stata però sempre l’attrazione per la melodia, da cui i numerosi incontri con la canzone, sviluppata attraverso un personale artigianato e la reinterpretazione della forma: Io ti lecco quando vuoi (2007), un percorso lirico e fisiognomico nella passione amorosa; Dio (2010), un mondo di immagini in dissolvenza che si intersecano; i giuochi d’azzardo di brani come Bene vixit qui bene latuit, Fortuna e Koko Kaiba.
Ok ora veniamo al nuovo disco, io l’ho appena ascoltato e penso che sia molto originale e fuori dal comune con tanti collegamenti alla musica italiana d’autore del passato con testi e arrangiamenti molto personali, aria fresca oggi. Parlatene voi, com’è nato? Che storia c’è dietro se ce n’è una… insomma andate a ruota libera.
Liberty è nato l’estate del 2017, che abbiamo trascorso in gran parte insieme, a Caserta, componendo brani nati su testi scritti in italiano da Mariella (che nel frattempo, da qualche anno, si era unita al gruppo), e basati su un comune denominatore: un continuum tra sogno e realtà; pensieri veloci che vanno dall’interno all’esterno e viceversa, brevi attimi in cui incastrare sogni, paure, ideali e messaggi cifrati. Il lavoro di scrittura musicale è stato anzitutto ritmico e melodico, per adattare la forma-canzone a liriche libere, poi d’arrangiamento, lasciando che, spesso, a dettare l’andamento fosse soprattutto una sorta di vigoroso contrappunto tra chitarre, basso e batteria; poi sono venuti gli altri strumenti, talora in collisione, talora in consonanza con le linee melodiche, a conferire qui grazia, lì tripudio armonico. Il percorso è proseguito registrando le voci (ha partecipato anche l’amico Mauro Baccigalupi), trovando il giusto equilibrio tra i suoni – grazie al contributo fondamentale di Maurizio Giannotti del New Mastering Studio –, dialogando con Giulia Palombino, che ha realizzato le illustrazioni per il disco, e ascoltando i preziosi consigli di mamma Snowdonia.
Come si fa ad averlo, dove si può ascoltare?
Il disco è ascoltabile in streaming e acquistabile all’indirizzo https://snowdonia.bandcamp.com/album/liberty ; si può ascoltare anche su Spotify (dal 20 settembre), dove si può trovare anche buona parte della nostra discografia, nel caso qualcuno fosse curioso.
Avete della date in programma dove lo presenterete?
Per il momento purtroppo non abbiamo in cantiere né presentazioni né live, quando avremo novità su questo fronte le comunicheremo.
Ringraziamneti e saluti.
Il ringraziamenti più grande e sentito va a Cinzia La Fauci e Alberto Scotti di Snowdonia Dischi, che hanno creduto in noi per primi 16 anni fa, che ci hanno sostenuti in tutto il periodo in cui non abbiamo fatto dischi con loro, che ci hanno spinto e aiutato a completare Liberty, che con la loro etichetta diffondono la migliore musica che c’è in Italia. Un grandissimo ringraziamento anche a Giulia Palombino, che ha realizzato tutti i disegni per Liberty e Davide Maldi e Flavio Scutti, che hanno scritto e diretto i videoclip di due brani, “Cinghiali” e “Bach”.
Chiusura Marzulliana, fatevi una domanda e datevi una risposta.
Domanda: Quali sono i musicisti/artisti italiani che oggi apprezzate particolarmente?
Risposta: in Italia abbiamo tanti musicisti/artisti di altissimo livello, qualche nome in ordine spaeso: Architeuthis Rex, HOFAME, I Camillas, X-Mary, N_Sambo, vonneumann, Homunculus Res, Ezio Piermattei, Flavio Scutti, i gruppi della Lepers, Davide Brace e la Tafuzzy Records, l’indimenticata Palustre records (Aldo Becca, Andrea Lepri, Matteo Allodoli ecc) e le sue diramazioni, Maisie, WOW, Quiroga, Bradipos IV, Le Forbici di Manitù, Giovanni Truppi, Giacomo Toni, Mamuthones. Come diceva qualcuno, “ascoltate i loro dischi, non i nostri!”