Ciao Manuel. Di dove sei? Che fai nella vita?
Sono di Teramo, amabile cittadina dell’Abruzzo tra il mare e la montagna. Dopo l’Università a Bologna e un paio d’anni in giro, alla fine degli anni ’90 sono tornato a vivere e a lavorare nella mia città. Mi occupo di comunicazione, giornalismo ed editoria all’interno di un ente di ricerca scientifico: ho il privilegio di poterlo fare in un posto di lavoro molto dinamico e soprattutto di poterlo fare a Teramo, quindi di tornare a pranzo a casa, metter su l’acqua per la pasta, preparare un soffritto e sentire cosa ha combinato mia figlia a scuola. Sono convinto che il vero lusso sia lavorare e vivere dove si è nati. So di avere una visione magari sorpassata, ma la penso così. Per darmi un tono potrei definirmi glocal. Da teramano purosangue mi piace parlare il nostro splendido dialetto e sono orgoglioso di poterlo praticare ogni santo giorno.
Scrivi in riviste di musica, fanzine, hai scritto libri… raccontami di come sono nate e si sono sviluppate queste tue passioni.
La passione per la cosiddetta musica alternativa m’è venuta da ragazzo, sui 14-15 anni. Al mare un amico più grande mi doppiò una cassetta da 90 con dentro CCCP, Litfiba, Julian Cope, Woodentops, Minutemen, Triffids, Jesus and Mary Chain, Gun Club, James, Ramones e altra roba: un mischione della madonna che mi ha cambiato la vita. Tutto è partito da lì. Ho iniziato a comprare Rockerilla e a farmi piano piano la mia personale cultura, non solo musicale. Anche alla narrativa sono arrivato attraverso la musica. La passione m’ha portato per emulazione a scrivere timidamente dei raccontini durante i primi anni d’università, con un approccio molto ingenuo e se vogliamo punk… nel senso che se lo potevano fare Bukowski, Carver, Tondelli potevo farlo anch’io (almeno così credevo all’epoca). Mi sono autoprodotto un libretto nel ‘95 e nel ‘97 un piccolo editore di Teramo ha pubblicato alcuni di questi racconti in un libro “ufficiale” che s’intitola I due pusher. Di musica ho iniziato a scrivere un po’ dopo. A Teramo c’era un free press e mi chiesero di collaborare… la prima cosa di cui ho scritto è stata la fantastica compilation First Italian Punk Contest della Hate, ancora me lo ricordo. Poi questo free press lo abbiamo strutturato un po’ meglio, gli abbiamo cambiato nome in Mood – Suoni e Visioni e siamo andati avanti ancora per qualche anno: siamo arrivati a stamparne 5.000 copie distribuite in un sacco di negozi di dischi e club in giro per l’Italia. Dopo aver scritto qualcosa su Metallic Ko, nel 2003 ho iniziato stabilmente a collaborare con Rumore, Da lì in poi ho collaborato con qualche altra rivista da edicola (Punkster, Sonic) e saltuariamente con alcune fanzine che mi piacevano.
Inoltre suoni negli Amelie Tritesse, sei appassionato di juke-box, cassette, bassi, hai fatto uscire dischi con il progetto A Morte, ecc. ecc…
Al liceo suonavo la batteria in un gruppetto new wave, sono stato fermo per oltre 15 anni e poi nel 2007 ho ripreso a suonare con gli Amelie Tritesse… oddio suonare non è la parola giusta, ché sono un’incapace e poi con gli Amelie sono di fronte al microfono a raccontare storie. La batteria la suono solo in un paio di pezzi. Ho iniziato col basso, che era un mio vecchio pallino, perché nel gruppo mancava un bassista e bisognava fare di necessità virtù: non ho mai imparato le note, è Paolo che mi dice su quali tasti mettere le mani, per il resto suonicchio a orecchio. Così mi sono appassionato all’aspetto estetico e romantico dello strumento, sono entrato in un tunnel e ho iniziato a comprare vecchi bassi dei Paesi dell’Est (Musima, Defil, Jolana, Klira), un po’ come Pablo Echaurren ha narrato nel bellissimo libro pubblicato da Fernandel, Bassi istinti. Elogio del basso elettrico. Per fortuna sono uscito dal tunnel e ora a casa ho solo un Fender Precision messicano color bianco latte. Della mia antica passione per i juke-box ho scritto lungamente su Sotto Terra, non aggiungerei altro. Delle cassette mi sono riappassionato nella metà degli anni 2000, seguendo etichette che tornavano a pubblicarle. Più del formato in sé mi piace l’idea che sta dietro a chi pubblica cassette. Cioè quella di spendere poco e pubblicare comunque musica su un formato fisico, avere in mano qualcosa di tangibile. Pensa che da ragazzo le odiavo le cassette perché erano un palliativo: se avevo un disco doppiato su cassetta, significava che non mi potevo permettere il vinile, vedi Performance degli Spacemen 3 o Fade Out dei Loop la cui cassetta ho davanti agli occhi in questo preciso momento.
Che programmi hai invece con A Morte? Mi hai spiegato via mail che non si tratta di un’etichetta ma di un progetto che racchiude varie idee diverse di autoproduzione. Vuoi raccontarmi anche in questo caso la sua storia. Quando e nata A Morte e come ti è venuta in mente l’idea? Ci sono delle cose in cantiere?
Nell’estate del 2014 mi sono messo in mente di organizzare a Teramo una tappa ufficiale del Cassette Store Day, che era al suo secondo anno. Così per diversi lunedì ci siamo visti al circolo Arci L’Officina per berci qualche birra, stare assieme tra appassionati di musica della città e vedere come muoverci. Oltre a organizzare la serata in sé (i gruppi da chiamare, le presentazioni, la mostra, ecc.), dall’inizio avevo l’idea di coinvolgere attivamente i gruppi teramani. Agli incontri del lunedì c’era tutta gente che più o meno suonava, allora ho proposto loro di pubblicare delle cassette in edizione limitata da presentare quella sera. Abbiamo fatto un acquisto collettivo di cassette, ognuno si è pagato e doppiato le sue belle cassettine: gruppi come Wide Hips 69, Turbomatt, Christine Plays Viola, Zitoxil, A Minor Place, Ban-Off. A quel punto bisognava inventarsi un’etichetta e ricordo che una sera dissi che sarebbe stato bello trovare un nome sfruttando l’anagramma di Teramo. A tirare fuori “A Morte” al volo è stato Matteo dei Ban-Off. “Ottimo, andata!”, dissi. E così è stato. A Morte Records nasce quindi come etichetta fantasma condivisa. Poi con un gruppo ristretto (io, Maximiliano, Monica, Luca, Jacopo e Josh) abbiamo organizzato qualche concerto sempre a L’Officina e nel 2015 come A Morte Libri, solo io e Maximiliano Bianchi, abbiamo autoprodotto il libro Andare in cascetta: tredici racconti abbarbicati nella narrativa, nell’introspezione e nella bio-fiction di altrettanti scrittori che flirtano con la musica e giornalisti musicali dalla
scrittura letteraria. Qualche mese fa, da solo, sotto la sigla A Morte Dischi, ho coprodotto assieme alla Goodbye Boozy il 7” EP Number Two degli australiani Bikini Cops. Insomma, A Morte è una sigla libera con cui autoproduco senza alcuna programmazione le cose che ho voglia di fare. E poi rimane anche come una sorta di franchising, nel senso che se un amico vuole prodursi qualcosa che a me piace e intende usare questa sigla è libero di farlo. In cantiere c’è il primo micro graphic novel targato A Morte Fumetti: un caro amico mi ha chiesto se poteva farlo uscire come A Morte e siccome è davvero un bel lavoro gli ho detto di sì. Nel mio blog http://www.manwell.it c’è scritto: “A Morte spaccia musiche contundenti per studelinquenti in tutte le sue forme. Tra le pagine di un libro. Sul nastro magnetico di una cassetta. Nelle tavole di un fumetto. Nei solchi di un vinile. Nel fondo di un barile”. E la lista potrebbe allungarsi. Se domani mi venisse in mente di produrre un mestolo da cucina, non esiterei a marchiarlo A Morte Casalinghi.
Vieni da una città come Teramo che è oramai da anni un vero e proprio caso, a mio parere mondiale, non solo italiano in quanto a produzione e diffusione di musiche oscure r’n’r, garage punk. Spiegami questa cosa, com’è potuto accadere, c’è stato un big bang come per la nascita nell’universo o è stato solo un caso?
Teramo è la mia città, la amo ma che sia un caso mondiale mi sembra esagerato. Ciò detto, giocando con le parole, ti dico che non è un caso quello che accade qui per quanto riguarda il r’n’r. A Teramo, e più in generale nella nostra provincia, c’è sempre stata una grande cultura di rock alternativo e un’attenzione per le musiche altre. Un momento significativo è stato il Festival Rock Roads che si è tenuto a Giulianova, d’estate, dal 1986 al 1988. Ci suonarono Gun Club, Johnny Thunders, Fuzztones, Dream Syndicate, Fleshtones, Primal Scream, Woodentops, Housemartins, Desmond Dekker e tanti altri. Sempre a Giulianova a quei tempi c’era un localaccio che si chiamava Malaria. Negli anni ’80 a Teramo ci sono stati gruppi validi come Le Bateau Ivre, Swollencheek, Psyche’s Disease, Def Killer Band. A partire dagli anni ’90 una figura chiave a mio avviso è stata quella dell’amico e coetaneo Tito Macozzi, sia come organizzatore di concerti che come musicista con Born Losers, Turn Sour, Ghetto Raga, Electric Flashbacks e soprattutto con i devastanti Brainsuckers in compagnia di un altro adorabile visionario come GiancarlOne. L’altro merito di Tito “psychedelic man” Macozzi è stato quello di aver “fatto resuscitare” Leighton Koizumi. Alla fine degli anni ’90 è nata la Goodbye Boozy Records: non ci sono parole per descrivere l’importanza della micro etichetta di Gabriele Di Gregorio che ancora oggi, imperterrito, va a scovare negli angoli più nascosti del globo il miglior/peggior r’n’r primitivo. Segnalo anche la Welcome In The Shit Records di Antonio Masci che, seguendo la lezione della Goodbye Boozy, da 4-5 anni spaccia del marciume r’n’r niente male, soprattutto su cassetta. Una cosa bella di ‘sta città è che a Teramo non sono mai mancati locali che propongono musica inedita di taglio alternativo. Oggi sono attivi due bei posti, L’Officina a cui sono particolarmente legato e la Fazenda, nata da gente che frequenta/va L’Officina: si sbattono molto entrambi e propongono davvero bella roba… a breve avremo modo di assistere a concerti di gruppi come The Rippers e New Swears, per dire. Vivace anche la scena musicale per quanto riguarda i gruppi. Gli Inutili sono un grandissimo gruppo, se fossero solo un po’ meno “prigri”… le Wide Hips 69 si dannano l’anima e sono un esempio di come si vive il r’n’r, anche perché Cristina, Lorena, Daniela e Gabriele sono impegnati anche nell’organizzazione di concerti. Pollice su pure per i Los Infartos, bravissimi dal vivo. Nel versante più indie una bella famiglia/comune è quella messa su da Andrea e
Roberta con gli A Minor Place, molto interessante è il progetto The Dead Man Singing del mio compare negli Amelie Tritesse Paolo Marini che ha iniziato nell’estate del 2011 con l’idea bislacca di comporre 365 videocartoline acustiche, una per ogni giorno dell’anno, dedicate a un artista scomparso, registrando ‘ste canzoni in presa diretta con attitudine BLP (buona la prima). Concludo con la nuova generazione, gente di 20-25 anni, che ha messo su il MIT, Musica Inedita Teramana. Mi pare che i ragazzi si diano da fare con genuina passione. In mezzo ci sono i Clowns From Other Space, band brit pop dalle tinte psichedeliche che ha buone prospettive.
In che modo tutte le cose che fai sono collegate? Esiste un motivo o almeno tu ce lo vedi? C’è qualche cosa in particolare che ti ha influenzato nei vari percorsi musicali o per quanto riguarda la scrittura?
Tutto è collegato… non so esattamente come, ma tutto è collegato. Quello che faccio lo faccio perché semplicemente mi piace farlo, mi rende felice. Alla fine è un hobby come tanti gli altri. C’è chi è appassionato di filatelia, di mountain bike, di arazzi antichi, di gin tonic, di gossip. A ognuno il suo, insomma. Non so spiegarlo ma nella musica mi piace ascoltare le chitarre grattate e maltrattate. Queste chitarre mi hanno influenzato e continuano a influenzarmi ancora oggi. La scrittura risente della musica che ascolto, della vita che vivo, dei libri che leggo, della televisione e dei film che vedo, delle persone che mi circondano, di quelle che incontro e di quelle che evito.
Ho saputo che avete festeggiato 10 anni di Amelie Tritesse, raccontami la vostra storia. Avete in programma un disco nuovo?
Gli Amelie Tritesse sono nati sulla scorta del mio romanzo breve La mia banda suona il (punk)rock pubblicato da Coniglio Editore nel 2007. Mi toccava andare a presentarlo in giro ma le classiche presentazioni dei libri mi annoiano da morire, così ho chiesto aiuto agli amici Paolo Marini e Giustino Di Gregorio (fratello di Gabriele della Goodbye Boozy). Il primo reading l’abbiamo fatto ad agosto del 2007. Subito dopo s’è aggiunto Stefano Di Gregorio alla batteria. Con il suo ingresso ci siamo progressivamente staccati dal mio libretto e dalla modalità reading, fino a diventare un vero e proprio gruppo. Ci è capitato di suonare nel minuscolo circoletto fino ai palchi dei festival, condividendo la strumentazione addirittura con Thurston Moore. Nel 2011 Interno4/NdA ci ha pubblicato il cd-libro Cazzo ne sapete voi del rock and roll, nel 2013 ci siamo autoprodotti uno split 7” assieme ai Tre Tigri Contro. Circa un anno fa si è unito al basso Cristiano. Quando mi allunga il basso lui suona il synth. Questa estate abbiamo registrato 10 pezzi durante un sabato e una domenica al Noise Lab di Giulianova di Sergio Pomante: un altro genio delle nostre parti che suona il sax come un indemoniato e sguazza nella sperimentazione e nell’improvvisazione. Sergio ha collaborato/suonato con un’infinità di gruppi interessanti tipo Captain Mantell, Ulan Bator, String Theory, Santo Niente, Zippo. L’idea è di fare un nuovo album con questi 10 pezzi, vediamo un po’ che succede. Amelie Tritesse è un nome suggestivo e apparentemente intellettualoide, in realtà è tutt’altro visto che si tratta della trascrizione francesizzata della pronuncia dialettale teramana di “me li triterei”.
Che tipo di musica ascolti in questo momento? Da anni sei sempre attento alle novità e alla scoperta di nuove uscite oscure musicali o scene. Mi ricordo un tuo bellissimo special, se non sbaglio su Rumore, sul garage punk canadese che in quel periodo faceva il culetto a quello statunitense. Negli ultimi anni c’è l’Australia sugli scudi che regna. Come la vedi? Hai nuovi ascolti e gruppi da segnalarci o che ti piacciono in particolar modo.
Difficile rispondere a questa domanda perché ascolto davvero tanta musica, vecchia e nuova, ogni giorno. Ad esempio da ieri mi sto facendo dei bei viaggi con NorN, il nuovo album dei post-free-rockers romani Vonneumann che non è roba di cui mi occupo di solito. Pensa che solo su Rumore, mediamente, recensisco tra 10 e 15 nuovi dischi ogni mese. Sintetizzando ti rispondo che ascolto per lo più garage-punk-r’n’r storto e in bassa fedeltà. Ma anche post-punk diagonale, synth punk di pancia, power-pop smielato e certo indie-rock non plasticoso. Non mi piace il metal, per niente. Stesso discorso per il prog che è il male. Le chitarre acustiche e il folk mi abbottano i coglioni dopo due minuti. In Italia, per i gruppi nazionali, un bel lavoro lo stanno facendo etichette come Area Pirata e Maple Death che vi invito a seguire. Negli ultimi tempi sto trovando interessanti diversi piccoli gruppi francesi usciti su Howlin’ Banana, Azbin, Beast, Adrenalin Fix Music, Casbah Records, ecc… gruppi che non si fanno problemi a mostrare la loro vena più pop. Passando in Germania mi piacciono la Alien Snatch! e la Erste Theke Tonträger. Seguo con attenzione anche le cose che stanno facendo in USA Total Punk, Lumpy, Neck Chop, ecc… quell’hardcore deviato e infedele che non ha bisogno di mostrare muscoli e tatuaggi ma solo di sputare veleno. Tra i nuovi gruppi che segnalo senza starci troppo a pensare ti dico Uranium Club, The Cowboys, Tangerines, Urochromes, Lost System, Tyrannamen, Cocktails, Lost Balloons, Luxury Punks, Brat Farrar, Amyl And The Sniffers, New Berlin, Beta Boys, The Suburban Homes, Big Huge, Bootchy Temple, Double Cheese, Rips, Wall. Sul podio dei dischi italiani dell’anno ci metto A Gut Feeling dei Rippers, Hangin’ On A Black Hole dei Dots e Second Skin dei Cut. Se tiri fuori l’Australia il discorso potrebbe non finire più perché gli australiani mi piacciono molto, come popolo proprio. Ho seguito, apprezzato e nel mio piccolo spinto la scena di Geelong fatta di 4 gatti che hanno messo su gruppi notevoli: The Frowning Clouds, The Living Eyes, Ausmuteants, Leather Towel, Hierophants, Wet Blankets, Drug Sweat e altre cose del giro della Anti Fade e della Aarght! Records di Melbourne come Ooga Boogas, Whipper, andando più indietro Uv Race, Eddy Current Suppression Ring, ecc. Vado pazzo per i Royal Headache di Sydney e nell’ultimissimo periodo sto apprezzando la scena più periferica di Perth formata da grandi gruppi: Bikini Cops, Helta Skelta, Zerodent e Kitchen People su tutti.
Da un po’ di tempo c’è Sotto Terra, che cerca di diffondere queste musiche qui, musiche sempre più difficili da far passare sulle riviste musicali ufficiali, tu (come me) sei uno della squadra. Cosa ne pensi di Sotto Terra?
Ne penso tutto il bene possibile. Tant’è che quando Luca Frazzi m’ha telefonato per chiedermi di collaborare non ho esitato un attimo, anche se avevo (e ho) poco tempo da dedicargli. Mi pare un buon mix di vecchi e giovani, rompicoglioni e tranquilloni, disadattati e persone più equilibrate, teste calde e teste spelacchiate, gente che sa scrivere davvero e gente che vuole scrivere davvero. Mi ricorda il Teramo Calcio della stagione 1985-1986 che vinse trionfalmente il campionato di C2 sotto la guida esperta di Giorgio Rumignani, che paragono al nostro megadirettore Luca Frazzi. La stagione seguente la squadra fece un bel campionato in C1, ma nell’87-’88 ripiombò in C2. Occhio, pertanto. Il giornale lo leggo quasi tutto dall’inizio alla fine, e la cosa non mi succede spesso. E poi, parlando seriamente, c’è sempre bisogno di fanzine/riviste musicali di carta, forse oggi più di ieri. Sono molto felice, per dire, che sia uscito di recente un nuovo numero di Hate Zine che ho amato e amo molto.
C’è qualcuno che ti ha innescato la scintilla delle tue passioni musicali e vuoi ringraziare?
Il mio amico Luigi (quello che mi doppiò la cassetta TDK da 90 nell’estate del 1986) che purtroppo non vedo da tempo. E poi Gabriele della Goodbye Boozy (con cui invece ci vediamo regolarmente, anche con le nostre famiglie) che mi ha fatto riappassionare al garage-punk-lo-fi vent’anni fa e che ancora accende la mia passione r’n’r con le sue splendide e spartane produzioni viniliche.
Fatti una domanda e datti una risposta.
Riuscirà mai il glorioso Teramo Calcio 1913 a salire in serie B?
Purtroppo temo di no, ma fin quando avrò fiato urlerò a squarciagola: Forza Vecchio Cuore Biancorosso!