1- Ciao Nico. Di dove sei? Che fai nella vita?
Ciao Luca, vivo a Bologna da 16 anni, anche se come molti che vivono in questa città, non sono Bolognese. Sono nato e cresciuto a Baden, una piccola cittadina vicino a Zurigo. Nel ’97 mi sono trasferito in Italia, nella provincia di Chieti, luogo di nascita dei miei genitori, dove ho vissuto per 4 anni. Nel 2001 mi sono trasferito a Bologna per l’università. Oltre a suonare come Stromboli sono membro di His Clancyness e questo mi permette di girare tantissimo, in particolare all’estero. Da poco abbiamo fondato un nuovo gruppo Punk Noise, i Brutal Birthday assieme a Jonathan Clancy, Gianluca Cerri del Freakout club e Scoia degli Hallelujah. Oltre a fare musica mi capita spesso di registrare gruppi insieme a Jonathan nel nostro studio-sala prove, esclusivamente su cassetta. Inoltre faccio lavori e lavoretti di qualsiasi genere, dal lavapiatti, barista, cameriere, post produzione audio, mastering, timbri e tessere al Locomotiv club.
2 – La prima volta che ti ho visto in azione è stato in una serata al Covo dove aprivate coi Buzz Aldrin agli Oh Sees, non ricordo che anno fosse…credo 2010. Parlami dei gruppi e progetti che hai avuto prima di iniziare con il tuo progetto solista Stromboli.
Sì, la data coi Buzz Aldrin di spalla agli Oh Sees era nel 2010, che bel ricordo! Il primo gruppo che ho avuto a Bologna era un duo, successivamente diventato un trio, chiamato Poland, formati nel 2003, un incrocio tra Post Punk, No Wave e Rap, con batteria, chitarra e sampler. Grazie a questa band sono entrato in contatto con il collettivo frigotecniche del XM24, di cui ho fatto parte per diversi anni. Erano gli anni d’oro dei concerti D.I.Y nella saletta nel sottoscala. Nel 2009, con la prima formazione insieme a Giallo ( Gianlorenzo De Sanctis), Gelo (Angelo Casarrubia) e successivamente con Marchino (Marco Scarabel) e Sam (Samuele Gottardello) abbiamo fondato i Buzz Aldrin che per un paio d’anni è stato il gruppo della mia vita; mi ha permesso di girare tantissimo sia in Italia sia all’estero. Ho conosciuto un sacco di persone incredibili e alcuni di loro sono diventati i miei migliori amici.
3 – Come hai avuto l’idea d’iniziare con Stromboli e perché? Il nome vuol dire qualcosa in particolare? C’entra con la musica che fai?
Era da tempo che volevo un progetto tutto mio, essere indipendente musicalmente. Volevo mettermi in gioco e dire la mia. Dopo l’esperienza con i Buzz Aldrin avevo iniziato a lavorare su sonorizzazioni di film e video. Da li è nata l’idea di costruirmi un set fatto a metà tra campionamenti, musica elettronica e parti suonate con chitarra, percussioni e lapsteel. Il progetto Stromboli è nato dall’esigenza di ampliare la mia ricerca, mettendo dentro l’esperienza musicale del mio passato fondendola con l’elettronica e l’ambient music. Il nome l’ho scelto perché evoca un immaginario che rimanda ad una visione che tutti conosciamo, quella del vulcano e dell’isola. Mi piace l’idea del flusso continuo e della lava che mentre scorre assume forme e sfumature diverse come una texture, che cerco di tradurre in musica. Mi piace il suono di questa parola, inoltre mi diverte molto sentirlo pronunciare in lingue diverse.
4 – E’ da poco uscito il tuo primo disco per Maple Death Records, come l’hai composto e come funziona la fase creativa e di composizione di Stromboli?
La composizione avviene in diversi momenti. Nella prima fase, quella più disordinata e istintiva registro sequenze di suoni fatti con qualsiasi cosa; synth, chitarra, rumori, effetti, direttamente su nastro. Successivamente ascolto le bozze in cuffia a volumi mostruosi, in maniera ossessiva, per giorni, notti, settimane. Se c’è una parte che mi colpisce, che mi rimane in testa, è quella giusta per costruirci il pezzo. Nella fase finale, quella più razionale, aggiungo altre parti e strati per dare un senso e una forma al magma disorganizzato. Lavoro quindi sull’evoluzione e sulla dinamica. Per me è fondamentale che ci sia la giusta tensione tra gli elementi che compongono le parti. Il potenziale ipnotico è fondamentale.
5 – C’è qualche cosa in particolare al quale ti sei ispirato o è stato tutto spontaneo e naturale.
Non c’è un ispirazione in particolare. Di sicuro gioca un ruolo fondamentale il mio background musicale. Mentre compongo passo molto tempo ad ascoltare musica, a volte con un approccio analitico, altre volte lasciandomi andare, passando dai classici alle nuove uscite sperimentali più sconosciute. Quello che viene fuori è spesso legato a stati emotivi trasformati in musica, quindi avviene tutto in maniera naturale filtrato attraverso gli strumenti che uso.
6 – Che metodo usi per registrare?
Per registrare uso principalmente il nastro magnetico, un Revox a77 da ¼ di pollice e un Tascam Portastudio 424 a cassetta e solo nella fase finale scheda audio e computer. Registro i loops facendo i primi overdubs direttamente su nastro e poi monto le altre parti passandole sul computer. Ogni parte registrata passa sempre prima su nastro.
7 – Che tipo di musica ascolti?
Il mio ascolto è abbastanza trasversale. Sono sempre stato un fan della psichedelia e del noise in tutte le salse. Per me la sperimentazione è fondamentale anche nel caso della musica Pop, è la parte più stimolante. In ogni caso è importante che ci sia qualità, non tanto per il valore economico della strumentazione ma per la capacità espressiva e di trasporto.
8 – Sono rimasto molto impressionato dal concerto che hai fatto al’Handmade festival di Guastalla. Quanto è difficile riproporre il tuo disco dal vivo? Cerchi di riproporlo integralmente o ti lasci andare anche all’improvvisazione?
Hey! grazie del complimento! Dal vivo cerco di riproporre i pezzi il più possibile fedeli al disco; voglio che siano riconoscibili per chi ha ascoltato o ascolterà il disco. Deve venire fuori l’idea dell’arrangiamento, della dinamica e della composizione. Dal vivo ci sono diversi momenti in cui improvviso in particolare con chitarra, lapsteel ed effetti. Le parti fisse sono quelle che mando con il sampler, che spesso sono le sequenze campionate di synth e altri suoni che non riesco a riprodurre. Spesso sono suoni che danno un carattere particolare e sono difficilmente riconducibili a strumenti precisi e sinceramente non ricordo come li ho prodotti e registrati. Per me è importante avere parti d’improvvisazione, ho bisogno di perdermi e ricreare quei momenti identici a quando li ho composti. In questo modo riesco ad avere quella sensazione di isolamento durante il live che mi permette di immergermi totalmente in quello che sto facendo.
9 – Che programmi hai al momento, girerai col disco? Stai lavorando a del nuovo materiale?
Ho già iniziato a portare il disco in giro e continuerò a farlo il più possibile sia in Italia si all’estero. Ho da parte un pò di bozze e ascolti immersivi da fare sul nuovo materiale che sarà il continuo di Volume Uno.
10 – C’è qualcuno che ti ha aiutato in modo particolare e supportato e vuoi ringraziare.
Devo veramente molto a Jonathan Clancy di Maple Death Records, che oltre ad essere uno dei miei migliori amici e migliori musicisti che conosco, mi ha spronato a fare la prima uscita su cassetta nel 2015. Ha creduto sicuramente più di me in quello che faccio
e continua a supportarmi nel migliore dei modi. Ha una conoscenza musicale incredibile e non conosco persona più invasata per la musica di lui . Ha il coraggio e la capacità di spingere tutto quell’underground che merita di emergere e sono molto contento di farne parte. É impressionante l’energia che mette nell’etichetta. Lo ammiro davvero molto. Michele Tellarini, anche lui di Maple Death Records, indispensabile per la sua disponibilità, è giovanissimo ma con una maturità musicale notevole…e poi è lo Zar delle gags! Giulia Mazza, per avermi regalato una copertina incredibile, che non mi stancherò mai di guardare! È riuscita perfettamente a tradurre in immagini la mia musica con un estetica profonda e d’impatto, Jacopo di His clancyness, compagno di band e mio booking agent preferito. Ancora prima devo ringraziare Dorothi, senza di lei la mia musica non sarebbe mai uscita di casa. È la prima persona a cui faccio sentire le mie cose. Se lei approva è fatta. Ha un senso critico e una sensibilità profonda e non scontata.
11 – Fatti una domanda e datti una risposta.
Ti rispondo con una domanda: Qual’è il tuo sogno ricorrente? (cit.)
tab_: Fare un gruppo con Lilli Carati e Gloria Guida…YEAA!