I worksongs erano i canti che aiutavano i detenuti neri delle prigioni del sud degli Stati Uniti a cavallo tra l’800 e il 900 a resistere e a non morire durante i lavori di schiavitù ai quali erano sottoposti quotidianamente. La maggior parte dei worksongs avevano attinenza diretta e specifica con la condizione di lavoro, con le cose che erano assenti nei penitenziari (le donne, la famiglia, la libertà) e con quelle che al contrario erano presenti (le guardie, il filo spinato, i campi di lavoro senza fine).
I worksongs dei detenuti assolvevano almeno a quattro funzioni fondamentali:
1) Aiutavano a dare un ritmo al lavoro ed erano utili anche ai fini dell’incolumità stessa dell’individuo impegnato in lavori pericolosi, come il taglio degli alberi.
2) Rendevano meno estenuante il trascorrere del tempo durante il lavoro, alleviando di un minimo l’alienazione procurata da esso.
3) Fornivano parziale sfogo alle tensioni interiori, alle frustrazioni, ai risentimenti.
C’è una lunga tradizione negli stati del Sud dell’America in cui si parla del nero che può cantare quelle cose che non gli è permesso dire. I bianchi infatti non prestarono mai attenzione alle cose che il nero diceva nei suoi canti e le ritennero sempre prive di significato.
“Nel canto – dichiarò un detenuto – dici veramente ciò che provi. Non possiamo dire queste cose direttamente al guardiano e allora le cantiamo e ci facciamo intorno una canzone”.
4) Evitavano al detenuto la razione di frustate destinata a chi procedeva troppo a rilento nel lavoro. I canti legavano tutti insieme, così nessuno correva il rischio di essere percosso a morte per il solo fatto di essere più debole dei suoi compagni.
I worksongs avevano un’estetica e struttura differente a tutti gli altri generi di canti: la rima era poco frequente; di solito la voce solista si limitava a ripetere due volte lo stesso verso, mentre il gruppo rispondeva con un ritornello. Un buon leader non si distingueva per aver “una bella” voce ma piuttosto nel rumore provocato dagli uomini al lavoro, per l’abilità di mantenere ben marcato il ritmo e per saper aggiungere sempre nuovi versi al canto e a improvvisare man mano che il canto procedeva.
I canti dal ritmo più veloce e dalla struttura verbale più semplice erano quelli usati per abbattere gli alberi. Il lavoro era detto crosscutting. Gli uomini prendevano posizione intorno a un albero metà maneggiava l’ascia con movimento da destra a sinistra e l’altra metà da sinistra a destra e ogni metà alternativamente dava il colpo contemporaneamente.
Erano questi i canti più veloci dal momento che l’ascia non si fermava mai, non aveva mai praticamente un momento di sosta. In questi canti più che negli altri, ove pure si lavora con l’ascia o con la zappa, i colpi sono ben chiari ed all’unisono. Ciò dipendeva dal fatto che se uno non stava nel tempo o era fuori posizione, poteva perdere una mano o rimetterci parte del cranio.
Un poco più lenti erano i canti d’ascia usati nel logging, il taglio di segmenti più corti dei tronchi al suolo. Qui il miglior tagliatore si poneva all’estremità più grossa del tronco, il meno abile si piazzava dove incominciavano i rami e gli altri uomini si allineavano nel senso della sua lunghezza e ognuno faceva il suo taglio, in modo da ridurlo in segmenti poco più di un metro.
I colpi nel logging non erano così esattamente all’unisono come nel crosscutting e a volte era così possibile sentire un colpo fuori tempo, qui complessivamente si può dire che le asce colpivano il tronco nello spazio di uno o due secondi. I canti dalla cadenza più lenta erano i worksongs e sono quelli che avevano una maggiore propensione alla complessità lirica e melodica. Si usavano durante i flatweeding, cioè durante ogni tipo di lavoro che i carcerati facevano usando la zappa tipo tracciare strade, frantumare grosse zolle, rivoltare tappeti erbosi, ripulire i campi di cotone e così via. A questo tipo di lavoro si sono associati i canti melodicamente più ricchi e verbalmente più complessi.
I worksongs dei neri d’America sono sopravvissuti fino agli anni sessanta nei penitenziari del Texas, perché i penitenziari del sud degli stati uniti erano ancora una copia delle piantagioni della metà dell’800, che a loro volta si basavano su modelli africani, non c’era nulla di simile nella tradizione britannica. Questo genere di canti non è mai uscito dai campi di lavoro forzato, queste canzoni esistevano solo in stretta connessione a determinate condizioni sociali e dopo che queste condizioni ebbero subito modifiche sostanziali scomparvero praticamente del tutto. Vi erano differenti tipi di canti per differenti tipi di lavoro e variavano per complessità verbale, metrica e melodia. I detenuti bianchi di quelle stesse prigioni non avevano nulla di simile. Quei canti – affermo lo stesso detenuto – permettevano anche ai neri di lavorare molto meno, dal momento che le guardie bianche non si rendevano conto di quanto i gruppi di lavoro potessero rallentare il loro ritmo senza farsi accorgere. Chiesi al carcerato di colore come mai i bianchi non facessero altrettanto: “Perché non hanno il ritmo”, mi rispose.